In questo articolo analizzeremo i casi in cui non è possibile procedere alla cremazione. La legge numero 130 del 30 marzo 2001, intitolata “Disposizione in tema di cremazione e dispersione delle ceneri”, dà indicazioni chiare su questa pratica sempre più diffusa. In materia, però, intervengono anche specifiche leggi regionali e comunali, che possono stabilire regole particolari su base locale.
In generale, però, quando non si può accedere a tale pratica funeraria? È bene ricordare che, per procedere, occorre un’autorizzazione alla cremazione rilasciata dall’ufficiale dello stato civile del comune dov’è avvenuto il decesso.
Se la morte è dovuta a reato non è possibile procedere alla cremazione
Il “nulla osta” si ottiene solo se il medico necroscopo abbia firmato un certificato in carta libera dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato. Il “nulla osta” sarà invece riconosciuto dall’autorità giudiziaria qualora la stessa abbia ricevuto segnalazione di morte improvvisa o sospetta. Il magistrato dovrà indicare specificamente che il cadavere possa essere cremato. Le ragioni di tale disposizione sono evidenti. La cremazione impedirebbe qualsiasi successiva verifica sulle cause della morte.
Non si può procedere alla cremazione se manca l’autorizzazione
Non si può procedere alla cremazione se manca l’autorizzazione, concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari. Lo strumento più consueto per autorizzare è il testamento, ma in mancanza della disposizione testamentaria, o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, varrà la volontà del coniuge o, in mancanza, del parente più prossimo. I familiari possono dunque autorizzare alla cremazione, a meno che non vi sia stato esplicito rifiuto della pratica da parte della persona deceduta. Nel caso di minori o di persone interdette, la volontà sarà espressa dai legali rappresentanti.
La presenza di impianti di pace-maker è un ostacolo alla cremazione
Ci sono poi norme sulla fattibilità tecnica. Il caso più diffuso è quello della presenza, nel corpo del defunto, di un impianto pace-maker. Per quanto non tutte le Regioni dispongano in materia, i protocolli operativi di molti gestori d’impianti richiedono il preventivo espianto dello strumento e comunque una dichiarazione dei familiari che affermano che il defunto non ne fosse portatore.
Soprattutto i vecchi impianti hanno una quantità, per quanto minima, di materiale radioattivo che si sprigionerebbe nell’aria e, inoltre, il pace-maker potrebbe suscitare un’esplosione del forno crematorio.