Secondo uno studio dell’Università di Oxford, condotto dai ricercatori Carl Ohman e David Watson, trenta milioni di profili Facebook, il più popolare
dei social network, appartengono a persone decedute. È inevitabile che questo numero aumenti, anche perché si calcola che circa otto mila utenti
al giorno vengano a mancare. Nel 2080, dice ancora la ricerca, se il social continuerà a diffondersi alla velocità attuale, il numero supererà i due
miliardi e mezzo ed, entro la fine del secolo, i cinque miliardi.
Il rapporto tra la morte e i social network è un problema che non si può ignorare
Qualcuno è arrivato a parlare di un vero e proprio “cimitero digitale”. Il rapporto tra la morte e i social network è dunque un problema serio, da
affrontare. Non mancheranno i risvolti positivi.
Un sociologo che vorrà analizzare la comunità umana di oggi tra cento o duecento anni potrà accedere ad un archivio dati davvero impressionante. Una quantità di documentazione che, nella storia, mai nessuno studioso aveva avuto a disposizione. Ma se sotto l’aspetto dello studio il “cimitero digitale” avrà ripercussioni positivi, restano gli interrogativi che ogni singolo utente potrà porsi.
La domanda comune è questa: che succederà al mio profilo nel momento in cui non ci sarò più?
Quando l’eredità è social
L’approccio delle persone alla propria “eredità social” può essere assai diverso. Vogliamo che tutto venga cancellato con un clic oppure che qualcuno, un familiare o un amico, continui a seguire il profilo trasformandolo in luogo della commemorazione e del ricordo (sui social resterebbero i nostri pensieri, le nostre fotografie, i nostri video)?
Preferiamo la morte digitale o, per certi versi, la sopravvivenza alla morte?
Facebook si è mosso per tempo al fine di dare una risposta agli interrogativi degli utenti. Ogni iscritto potrà nominare un proprio contatto come erede del profilo postumo, che potrà gestire come crede (anche eliminandolo del tutto o cancellando determinati elementi). Allo stato attuale, non si ha ancora la possibilità di rendere automatica la cancellazione dal social al verificarsi della morte fisica (cancellando, per esempio, i dati dopo un certo periodo di inattività).
Il fenomeno dei chatbot
Un fenomeno inquietante è quello dei chatbot, software nati per simulare una conversazione con un essere umano. I programmi imitano il comportamento di un soggetto sulla base delle loro parole e dei dati immessi in rete. Si è già arrivati alla creazione di un programma capace di
far nascere un avatar virtuale dei defunti, basato sulle idee, sul modo di esprimersi, sui gusti e i comportamenti della persona che non c’è più. Insomma un avatar che non sapremmo distinguere dal soggetto reale.
È evidente che questo sviluppo delle tecnologie pone problemi non solo sul piano della tutela della privacy, ma anche della volontà del defunto.