A Salerno Palazzo di Città è anche chiamato “Palazzo Guerra”. Perché? Nel 1928, a vincere il concorso per l'incarico di ingegnere capo del Comune fu il napoletano Camillo Guerra, che fra i primi compiti affidatagli ebbe quello di redigere il progetto del nuovo Municipio. Ma a Guerra si deve anche il progetto strutturale dello Stadio Vestuti, i cui lavori iniziarono nel 1929 e si conclusero, con l'inaugurazione, l'11 gennaio 1931.
Una famiglia di ingegneri (e architetti)
Nato a Napoli nel 1889, Guerra è figlio dell'ingegnere Alfonso e padre di Guido, docente e per anni direttore dell'Istituto di costruzioni edili della facoltà d'ingegneria all'Università “Federico II” di Napoli. Laureatosi in ingegneria nel 1912, da giovane seguì l'eclettismo paterno, mescolando, nelle sue prime opere, elementi ripresi da diversi stili storici. Nel corso del tempo si allontanerà dall'eclettismo per adottare un stile razionalista. È di certo tra gli ingegneri-architetti napoletani più celebri del Novecento, tra i primi a utilizzare, in Italia, il calcestruzzo armato, che garantiva costi ridotti e maggiore praticità.
Palazzo di Città, a Salerno
Il Municipio, progettato da Camillo Guerra sotto l'amministrazione del commissario prefettizio Felice Valente, fu caratterizzato (com'è possibile vedere ancora oggi) da una veste eclettico-storicistica tipica dell'Ottocento). L'opera si sviluppò su una superficie di cinque mila metri quadrati per quattro piani di altezza. A piano terra erano previsti alcuni negozi e una grande sala cinematografica, un piano ammezzato e un primo e secondo piano. I lavori furono diretti dallo stesso Guerra e la parte muraria si concluse già nel 1931. Nel 1934, Guerra presentò un nuovo progetto che semplificava di molto il programma architettonico e decorativo pensato inizialmente. Da un lato problemi economici del Comune resero impossibile un costo eccessivo dell'opera, dall'altro il progettista volle modernizzare gli aspetti decorativi. La seconda fase dei lavori iniziò nel 1935 e terminò il 21 aprile 1936. A condurli fu l'impresa “Rocco Angrisani”.
Non lavorò solo a Salerno
Molte delle sue opere sono nella città di Napoli. Già prima di lavorare a Salerno, nel 1919, salvò per esempio il Mausoleo Schilizzi, un'opera realizzata dal padre, che trasformò in monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Si occupò poi di tre palazzi a piazza Nolana, via Depretis e via Crispi e progettò il Palazzo dell'Arte nella villa comunale partenopea. Nel periodo fascista progettò la Casa del Mutilato, l'Istituto Nazionale dei motori, l'isolato abitativo delle Manifatture cotoniere meridionali e, a Chieti, la sede dell'Opera nazionale dopolavoro. Sempre nella città abruzzese, realizzò il Palazzo della Camera di commercio (in stile neomedioevale), il Museo universitario delle scienze, il Villaggio del fanciullo e, insieme al collega Barra Caracciolo, la sede della biblioteca “Angelo Camillo De Meis”. Nel dopoguerra, a Napoli, ricostruì il Palazzo dei telefoni in via Depretis: era stato distrutto in un bombardamento.
L'insegnamento
All'attività di ingegnere e architetto unì quella di docente insegnando nelle facoltà di ingegneria di Pisa (nel 1935), di Torino (nel 1936), di Bologna (1938) e Napoli, dove ricoprì la cattedra di architettura tecnica e di architettura e composizione architettonica alla “Federico II” (diresse l'Istituto dedicato a questa specifica materia) e diresse la Facoltà di ingegneria.
Morì nel capoluogo campano nel 1960.