Erano le 17.03 del 4 maggio 1949 quando l'aereo del grande Torino si schiantò contro il muraglione del terrapieno della Basilica di Superga, sulle colline del capoluogo piemontese.
Trentuno le vittime: il capitano Valentino Mazzola e diciassette compagni della squadra che aveva vinto gli ultimi cinque scudetti.
E poi il direttore tecnico Egri Erbstein, l'allenatore Leslie Lievesley, dirigenti, quattro membri dell'equipaggio e tre giornalisti: Renato Tosatti, Luigi Cavallero e il salernitano Renato Casalbore, un autentico fuoriclasse della macchina da scrivere.
Renato Casalbore, fuoriclasse della macchina da scrivere
Nato il 1° gennaio 1891, a poco più di vent'anni si trasferì a Torino, dove trovò lavoro negli uffici amministrativi del quotidiano “La Stampa”, che accanto al giornale pubblicava l'innovativo “Stampa sportiva”, raccontando le gesta atletiche con le fotografie. Una vera novità per quell'epoca. L’allora caporedattore Claudio Corradini riconobbe in quel giovane salernitano, così signorile nei modi, la stoffa del giornalista di razza e lo promosse cronista. Casalbore scrisse per “Il Guerin Sportivo”, fondato dallo stesso Corradini, e poi per “Lo sport del popolo”, testata di cui diventò direttore tra il 1918 e il 1920.
Passò poi alla “Gazzetta del popolo”, di cui fu caporedattore e, nel 1945, fondò “Tuttosport”, ancora oggi tra i quotidiani italiani più letti. Amò il calcio, ma restano memorabili le sue cronache dal Tours de France, dal Giro d'Italia, dalle Olimpiadi. Così come i racconti delle imprese dei campioni negli sport minori.
L’ultimo articolo firmato da Casalbore
Il 1° maggio 1949, nel suo ultimo articolo prima della partenza per Lisbona, dove il Torino avrebbe giocato un'amichevole contro lo Sporting, organizzata per aiutare un giocatore in difficoltà economiche, Casalbore scrisse: “Domani i campioni partono per Lisbona per incontrarvi martedì prossimo lo Sporting, campione del Portogallo. Partono a cuore leggero”.
Il giornalista salernitano non doveva nemmeno partire per quella trasferta, ma si rese disponibile un posto in aereo perché il giovane calciatore Luigi Giuliano ebbe problemi di passaporto. Tra gli oggetti trovati sulla collina di Superga, anche un cartolina per Casalbore, firmata da tutti i calciatori del Torino, i loro autografi incerti.
La tragedia sconvolse l'Italia
I funerali delle vittime si tennero il 6 maggio 1949 e vi parteciparono 600 mila persone (altri arrivano a dichiarare che fossero un milione). Da Palazzo Madama, i feretri attraversarono via Roma verso la stazione di Porta Nuova, poi piazza San Carlo, piazza Carlo Felice, corso Vittorio Emanuele II, corso Re Umberto, via Alfieri, piazza San Giovanni. Fino al duomo, dove il cardinale Maurilio Fossati celebrò le esequie.
A Renato Casalbore dedicata la famosa piazza di Salerno
Oggi Casalbore riposa nel cimitero di Torino. Nel secondo dopoguerra, cominciò una corsa a “defascistizzare” anche i nomi degli edifici. Lo Stadio “Littorio” era già stato trasformato in “Comunale”. Dopo Superga, i giornalisti, nelle loro cronache, cominciarono a chiamarlo “Renato Casalbore”. Ma il sindaco Mario Parrilli decise di dedicato a Donato Vestuti, altro grande giornalista, nato ad Eboli e fondatore de “Il giornale della provincia”. Il primo cittadino dedicò però la piazza a Renato Casalbore.