Oggi la rubrica “Fu Salerno” vuole ricordare un personaggio emblematico della città di Salerno: “Donato, il cartonaio” che andava in giro con il suo carretto straripante di cartoni per le vie del quartiere “Torrione” (Foto di Mario Lo Bianco).
Il robivecchi: un mestiere antico ma ancora attualissimo
Quello del robivecchi, conosciuto anche con il sinonimo “rigattiere”, è un mestiere assai antico, anzi un'arte, per quanto definita “minore”. Nel 1291, a Firenze, fu addirittura costituita la corporazione dell'Arte dei rigattieri e dei linaioli, commercianti di lino e di tela, che vendevano i loro prodotti allo stato grezzo o già lavorati con finezza di ricami.
In apparenza il robivecchi non fa che comprare e vendere oggetti usati, in realtà occorre un certo fiuto e un po' di pazienza per scegliere quelli più appetibili sul mercato e che magari, dietro l'usura del tempo, nascondano un valore superiore all'apparenza. Il rigattiere non è un antiquario, che seleziona con cura e valorizza i pezzi esposti.
Di solito, nelle botteghe, tende a sistemarli alla rinfusa così che ogni scaffale sia sovraccarico di oggetti dalla diversa tipologia e valore. Nè tanto meno osserva orari rigorosi d'apertura al pubblico, ma spesso apre la porta del negozio su richiesta a chi desidera acquistare un vecchio fumetto, una macchina da scrivere, cartoline d'epoca, lampade, bambole o piccole sculture di ceramica.
È un mestiere antico, ma ne parliamo al presente perché ancora attualissimo. Non è così raro trovare in città o nei borghi antichi un rigattiere che spalanca le porte di una bottega, dove si può sentire l'odore del tempo passato. Finanche la polvere ha, in questo caso, un fascino particolare.
“Runat” il robivecchi del quartiere Torrione, a Salerno
Nel quartiere Torrione di Salerno molti ricordano il leggendario “Runat”, Donato, che girava col carrettino alla ricerca di qualche prodotto da rivendere.
Il rigattiere di oggi ha perlomeno un buon furgone per recuperare la merce. Donato no. Donato trasportava il suo carretto e qualcuno ricorda il suo motto, “Mamma, mamma, mamma, i sold, i sold”, espressione che concludeva con un sospiro. Come dire: “sono quelli che vorrei”. Un mestiere di fatica il suo.
Tra i prodotti che trovava e smerciava con più frequenza vi era il ferro vecchio e grandi pezzi di compensato molto utili ai falegnami di mezza città. Si può immaginare quanto gli fosse difficile trasportare un carrettino pesante, carico di oggetti ingombranti, ma l'abitudine lo aveva reso abile a guidarlo nelle strade.
Si racconta che, una volta, fu capace di caricare la scocca della sua Fiat126 ma guai a prenderlo in giro!
Un insegnamento universale valido ancora oggi
Altri tempi, ma dall'indimenticabile “Runat ca carrett” dovremmo imparare tutti. L'insegnamento che ci ha tramandato è che ogni cosa può avere mille vite e che dovremmo abituarci a scartare e buttare di meno per riciclare di più. Non saremmo così invasi dai rifiuti e lo stesso ambiente ne guadagnerebbe.
Da un uomo che non c'è più, un uomo semplice che faceva un mestiere antico, arriva così un messaggio attualissimo a noi uomini e donne di oggi.