Pietro Barliario, che in qualche fonte è chiamato Bailardo e in altre Baialardo, era uno studioso di medicina, astrologia e alchimia, la cui esistenza è avvolta nel mistero della leggenda.
Di certo visse tra la seconda metà dell’anno 1000 e la prima del 1100, ma se sulla sua esistenza non v’è alcun dubbio, resta il mistero su alcuni punti della sua biografia. Ad esempio non v’è certezza sul fatto che abbia ricoperto una cattedra nella grande Scuola Medica Salernitana, ma di certo fu studioso di medicina ed aveva una certa conoscenza della lingua araba, idioma in cui leggeva con passione libri di magia.
Pietro Barliario: un pò stregone, un pò uomo di scienza
Le sua curiosità, la sua perenne ricerca, la sua fama d’indagatore dell’occulto, pur da uomo di scienza, lo rese quasi leggendario tanto che, nella letteratura, incarnò la figura del mago e del negromante e gli scrittori cominciarono ad inventare episodi fantastici che lo vedevano protagonista.
In un testo del 1403, Barliario aveva poteri soprannaturali grazie alla concessione di un libro magico ottenuta in seguito ad un patto con il demonio. Si dice per esempio che preparasse pozioni per far innamorare ogni donna e che fosse in grado di tramutare la materia. In tarda età – si tramanda che sia vissuto novantatré anni, un vero record per l’epoca – si pentì d’essere sceso a patti con il male. Pare che la conversione avvenne in seguito alla morte tragica dei nipotini, una vera e propria vendetta del diavolo, che voleva punirlo per aver solo pensato a cambiar vita e tornare sulla via del bene.
Sempre la leggenda, narra che i suoi nipoti, Fortunato e Secondino (nomi tipicamente salernitani) entrarono di nascosto nel suo laboratorio e cominciarono a giocare con qualche terribile sostanza velenosa che ne causò la morte sul colpo.
Barliario e la Chiesa di San Benedetto
Un’altra ipotesi è che i due ragazzi, che qualcuno identifica non con i nipoti, ma con i figli di Barliario, avessero avuto l’ardire di aprire il libro magico e maledetto. Alla loro morte, il magio ed alchimista, pentito, si sarebbe ritirato a pregare nella chiesa di San Benedetto, nella via che ancora oggi porta il nome del grande monaco-santo di Norcia, dove per tre giorni e tre notti si batté il petto in segno di pentimento chiedendo perdono per il male compiuto. Ma quando il sole apparve nel terzo giorno, il crocifisso alzò il capo e aprì gli occhi in segno di perdono. Barliario, da quel momento, non solo si convertì, ma si fece monaco ed entrò nel monastero di San Benedetto, dove sarebbe scomparso il 24 marzo 1149.
A lui si deve la storica Fiera del Crocifisso salernitana
A ricordo di quel fatto, raccontato da testi leggendari della tradizione campana, abruzzese e romana, furono in tanti a voler pregare dinanzi al Crocifisso di Barliario (oggi conservato nella Sala 2, quella dedicata al Medioevo, del Museo diocesano “San Matteo”) e, da allora, nacque in città la tradizione salernitana della Fiera del Crocifisso.