Secondo uno studio dell’Università di Oxford, condotto dai ricercatori Carl Ohman e David Watson, trenta milioni di profili Facebook, il più popolare dei social network, appartengono a persone decedute. È inevitabile che questo numero aumenti, anche perché si calcola che circa otto mila utenti al giorno vengano a mancare. Nel 2080, dice ancora la ricerca, se il social continuerà a diffondersi alla velocità attuale, il numero supererà i due miliardi e mezzo ed, entro la fine del secolo, i cinque miliardi.
“I' tengo mode, garbo e gentilezza. '0 muorto mmano a me pò stà sicuro, ca nun ave nu sgarbo, na schifezza. lo 'o tratto come fosse nu criaturo che dice a 'o pate: " Me voglio jì a cuccà”.
È una delle strofe della poesia “’O schiattamuorto” di Antonio De Curtis, l’amato Totò.
In questo articolo analizzeremo i casi in cui non è possibile procedere alla cremazione. La legge numero 130 del 30 marzo 2001, intitolata “Disposizione in tema di cremazione e dispersione delle ceneri”, dà indicazioni chiare su questa pratica sempre più diffusa. In materia, però, intervengono anche specifiche leggi regionali e comunali, che possono stabilire regole particolari su base locale.
I napoletani sono abituati a chiamare la bara con il sostantivo di “tavuto” o “tauto”. La proverbiale formula “‘o tavuto nun tene sacche” fa riferimento al fatto che è inutile accumulare ricchezze in vita, dal momento che non possiamo portarle con noi quando affrontiamo l'ultimo viaggio. La bara non ha tasche per riporvi denaro.
Pochi sanno che “tavuto” è sì una forma dialettale, ma assai simile ad una parola italiana che può avere due forme: tabbutto o tabutto. Ma dietro ogni singola parola si nasconde la storia di un popolo.
Le piramidi d’Egitto non sono solo enormi mausolei in cui i faraoni, adorati dal popolo come dei, trovavano il riposo eterno, ma sono una testimonianza imponente del culto che quel grande popolo aveva per i propri defunti.